ott222018
A portare la visione complessiva dell'industria al dibattito è Francesco De Santis, vice presidente di Farmindustria. In attesa di "una governance pro innovazione che aiuti a sostenere la competitività e favorisca l'attrattività degli investitori", De Santis conferma il cambiamento della natura della ricerca nel Paese, basata su un'innovazione diffusa e animata da un network d'imprese, spesso PMI. Aziende che lamentano dispersioni "di ordine burocratico con ritardi nella disponibilità del farmaco al paziente" ed elevati costi di sviluppo del farmaco: "Il 16% dei costi totali è indirizzato ad attività di farmacovigilanza successiva all'immissione in commercio del farmaco, per tarare l'efficacia del farmaco con evidenze cliniche che possono emergere nella vita post registrativa". Nel settore health care, primo al mondo per ricerca e sviluppo, l'Italia si affaccia con 2,8 miliardi tra investimenti produttivi e R&S, ma "considerate le previsioni di spesa dei prossimi anni di circa 1.000 miliardi di dollari a livello globale", l'imperativo, sia per la valenza economica che per quella scientifica, è raccogliere la sfida semplificando il sistema.
Secondo Paola Minghetti, vice presidente AFI e docente dell'Università degli Studi di Milano, "Per restare competitivi e attrarre gli investitori, non bastano i risultati in produzione e vendita, perché sono ancora tanti i bisogni in tema di salute pubblica che aspettano una risposta e questa non può che arrivare da ricerca, sviluppo e innovazione". "Gestire una sperimentazione clinica richiede tante competenze". Occorre mettere a sistema un "network forte che metta al centro il paziente - che magari resta a casa, come avviene negli USA - facendo ruotare attorno a lui operatori e parte pubblica (AIFA, ISS, Regione)" e "incentivare le interazioni con i clinici, sostenendo costi e procedure e stimolando gli ospedali ad accogliere specialisti della sperimentazione clinica e a reinvestire tutti gli introiti derivanti per arruolare sempre più ricercatori, anche tra le nuove leve".
Giulio Gallera, assessore regionale al Welfare, ribadisce il ruolo degli (IRCCS) - 18 dei 42 IRCCS italiani sono in Lombardia - e dell'ecosistema che caratterizza il panorama lombardo in cui siti produttivi e centri di ricerca si trovano a distanza di pochi chilometri, insieme a tutti i servizi e alle più elevate professionalità. Per l'assessore "l'epidemiologia è profondamente cambiata in questi anni, grazie all'innovazione tecnologica che ha trasformato in croniche, malattie di cui fino a pochi anni si assistevano gli esiti cruenti".
"Se oggi il farmaco è ancora protagonista della terapia, presto non sarà più solo, perché medical device e terapie digitali conquisteranno sempre di più la scena dell'health care mondiale", ne è convinto Giuseppe Recchia, vice presidente Fondazione Smith Kline. Porte aperte, dunque, alle nuove terapie digitali, "il cui principio attivo è spesso un software che viene sviluppato e sperimentato dal punto di vista clinico e quindi prescritto dai medici, venduto in farmacia e rimborsato come un farmaco tradizionale dai sistemi sanitari" che attuano queste politiche. Punto di arrivo sarà vincere la sfida incrociata della "Sperimentazione clinica Patient Centric' e del "Paziente digitalmente competente", non prima di averlo guidato lungo il tracciato di opportunità offerte dall'innovazione.
Cristina Campanale
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