gen192016
«La salute costa ma la malattia costa di più. La farmaceutica non deve essere considerata come un sistema chiuso ma va inserita in un percorso diagnostico terapeutico, valorizzando anche i costi evitati». È questo il messaggio che Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, ha lanciato in occasione dell'ormai consueto incontro annuale con gli studenti della facoltà di Farmacia dell'Università Statale di Milano, lo scorso 15 gennaio.«Un esempio su tutti» spiega Scaccabarozzi «con i nuovi farmaci antitumorali, che si possono prendere per via orale, anche a casa riducendo i tempi e quindi i costi di ospedalizzazione, non c'è bisogno di day hospital, chemioterapia o assistenza per gestire eventuali effetti collaterali. E seppure il costo dei farmaci tenderà ad aumentare nel tempo, perché si tratta di farmaci sempre a più alto contenuto tecnologico, con ingenti costi di sviluppo, la farmaceutica può far risparmiare il sistema sanitario su altre voci di spesa».Se un giorno di ricovero in ospedale ha un costo di circa mille euro, un anno di assistenza farmaceutica pubblica 271 euro. Farmaci e vaccini inoltre evitano costi significativi per il welfare, rendendo ad esempio spesso non necessario il ricorso a prestazioni più onerose: sono queste le riflessioni che il presidente di Farmindustria ha portato all'attenzione dei tanti giovani studenti presenti. «La farmaceutica ha un valore importante perché oltre a portare maggiore salute ha un ruolo anche nella prevenzione: farmaci e vaccini sono strumenti di efficienza per il Ssn» spiega Scaccabarozzi «per ogni euro speso in vaccini si risparmiano 24 euro di cure per malattie evitate». La farmaceutica rappresenta quindi un elemento chiave per dare sostenibilità al sistema sanitario nazionale ma «solo ad una condizione: i risparmi ottenuti devono essere reinvestiti sempre nel settore salute e così, attraverso la presenza industriale, è possibile generare un contributo diretto all'economia del Paese». Con un fatturato di 29 mld di euro di cui il 72% destinato all'export, in Europa l'Italia è seconda solo alla Germania per produzione e numero di imprese ed è prima al mondo per crescita dell'export di medicinali nel periodo 2010-2014. Rimangono però ancora molte sfide per il settore, a partire dalle modalità dell'accesso ai nuovi farmaci. Secondo Scaccabarozzi «l'accesso alle nuove terapie è un obiettivo prioritario ma l'innovazione non è più sufficiente, è necessaria una miglior tutela del brevetto e un adeguato riconoscimento del marchio». Attualmente sono 7.000 i farmaci in sviluppo ma «per sviluppare un farmaco ci vogliono fino a dieci anni e il brevetto dura solo venti». A questo si aggiunge il tempo medio per autorizzare il farmaco ad entrare sul mercato «e l'Italia è il Paese con i tempi più lunghi per l'immissione dei farmaci sul mercato» commenta Scaccabarozzi «e considerando che il brevetto ha validità dal momento in cui si deposita la scoperta scientifica e non dal momento dell'immissione in commercio, lo sfruttamento della copertura brevettuale è possibile solo per circa 8 anni».Secondo i dati presentati, da quando viene depositato il dossier in Europa i farmaci arrivano sul mercato mediamente dopo 220 giorni, in Italia invece i tempi medi di attesa sono pari a 12/15 mesi, «arriviamo anche a due anni» commenta Scaccabarozzi. E uno dei motivi principali alla base di questo ritardo è il «sistema federalista regionale che, oltre ad allungare i tempi, porta ad un diritto alla salute differenziato in base al luogo di residenza del paziente» conclude.Alla giornata, presieduta da Andrea Gazzaniga, professore della facoltà di Farmacia, e dal titolo "Innovazione e produzione di valore: il ruolo dell'industria farmaceutica", hanno preso parte anche Alessandro Rigamonti, presidente AFI - Associazione farmaceutici industria, e Gian Pietro Leoni, past president di Farmindustria. L'appuntamento alla sesta edizione dell'evento è per gennaio 2017.Chiara Scelsi
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Nuove specialità o nuova confezione in commercio, nuovi medicinali equivalenti